Compagnia Teatrale Babbaluck

Italia mia

 

Compagnia Babbaluck
In collaborazione con Magazzini di Fine Millennio
presentano

"Italia mia!"
oratorio incivile per Pier Paolo Pasolini

Testi di Maurizio Braucci:
La preghiera del Goleador e La presentatrice e l’assassino
Libera elaborazione drammaturgica dall’opera poetica, letteraria e cinematografica di Pier Paolo Pasolini
 
regia
Sergio Longobardi
scene
Marco Zezza
costumi
Daniela Salernitano
ombre
Luca Acito
luci
Antonio Gatto
 
con
Carmine Paternoster
  Fabio Palmieri
  Alan Wurzburger
Valerio Sgarra
  Francesco Troisi
 

Giovanna Staffieri
Beatrice Ciampaglia

  Sergio Longobardi
Mimmo Di Gennaro


I primi studi teatrali su Pasolini: un laboratorio durato 1 anno, il Progetto Petrolio
Abbiamo lavorato, cercato, letto, visto Pasolini a cominciare dal novembre 2002.
C'è stato un primo studio con gli allievi-attori del laboratorio teatrale del centro di danza contemporanea Chiaradanza, “Materiali”, presentato al Festival “Differenti Sensazioni” di Biella.
Abbiamo partecipato al Progetto Petrolio con la drammaturgia contemporanea di Maurizio Braucci sul poeta friuliano ed è stato questo un secondo studio, “Alleggerire”, presentato al Teatro dell'Accademia delle Belle Arti di Napoli. Il laboratorio si è concluso dopo questa esperienza nel Novembre del 2003.

Lo spettacolo
Italia mia è lo sviluppo ulteriore della nostra riflessione su Pasolini, per prima cosa ho scelto gli attori con cui condividere l'esperienza (me compreso) sulla base dell'aderenza delle loro vite al pensiero pasoliniano, scegliendoli per quello che sono realmente nella vita, uscendo fuori dal canone convenzionale dell'interpretazione di un ruolo, entrando in quello specifico dell'argomento-personaggio, di attore-argomento, attore in sintonia “speciale” col pensiero dell'opera che si rappresenta. Un attore è tale nel momento in cui sceglie di salire su un palco di fronte ad un pubblico, aldilà della sua specifica esperienza o meno nel campo della recitazione. Ne è conseguita una riflessione diretta e attualizzata del pensiero pasoliniano.

“La vita e la morte sono la stessa cosa” e gli attori-argomento
Questo spettacolo è l'evocazione dei mondi di Pasolini, dei suoi “argomenti”: il sottoproletariato mitizzato e carnale, il poeta visionario e ambiguo, il profeta, l'infanzia felice, il sacro e il profano, la chiesa e il pallone, la canzone, gli anni 70 e soprattutto l'Italia.
Tutti questi “argomenti” risiedono in una stanza-cinema-bar dello sport e televisione che proietta costantemente immagini dei personaggi come ombre come un film costante che proietta se stessi all'infinito, sono per l'appunto “evocazioni” degli argomenti di Pasolini poeta, cineasta, scrittore, giornalista e si materializzano attraverso le loro semplici azioni sceniche che non sono altro che le manifestazioni delle loro diverse nature.
E la vita comprende la morte che avviene sempre.
Dice il poeta a proposito: “è dunque assolutamente necessario morire, perché finché siamo vivi manchiamo di senso, e il linguaggio della nostra vita (con cui ci esprimiamo e a cui dunque attribuiamo la massima importanza) è intraducibile: un caos di possibilità, una ricerca di relazioni e di significati senza soluzione di continuità. La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi (e non più ormai modificabili da altri possibili momenti contrari o incoerenti) e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, e dunque linguisticamente non descrivibile, un passato chiaro, stabile, certo, e dunque linguisticamente ben descrivibile. Solo grazie alla morte, la nostra vita ci serve ad esprimerci”.

Sergio Longobardi

Rassegna Stampa (estratti)

Filo d'Arianna Festival

di andrea porcheddu

Belluno, 5 luglio 2005


Toccante, di una poesia popolare e umanissima, lo spettacolo presentato al Festival dalla napoletana compagnia Babbaluck. Nel consueto stile - destrutturato e apparentemente improvvisato - il regista Sergio Longobardi racconta, con Italia mia!, un mondo fatto di marginalità estreme, di dialetti incomprensibili, di violenze quotidiane e periferiche. Ispirato al mondo di Pier Paolo Pasolini, lo spettacolo - già presentato a Napoli nel progetto Petrolio - si dedica non tanto al Pasolini profeta politico, quanto all'uomo, al poeta umiliato e sconfitto da una società in cui prevale la barbarie della superficialità e dell'ignoranza. Longobardi fa tesoro dell'esperienza maturata con Pippo Delbono, il cui immaginario è evocato nello spettacolo, ma riesce a ritrovare una propria cifra, una chiave per raccontare un mondo vero, amaramente sospeso tra una tragedia ineluttabile e la leggerezza di un talk show televisivo, in cui, con la grottesca superficialità di un Grande Fratello, si decide di eliminare il diverso, il sovversivo, il poeta. Ben affiancato da Carmine Paternoster, Fabio Palmieri, Alan Wurzburger, Francesco Troisi e Giovanna Staffieri, Sergio Longobardi usa il video e le canzoni di Modugno, le partite a calcio e giochi d'ombre, gli Squallor e le Ceneri di Gramsci, per raccontare - in una preghiera blasfema e dolorosa - un sottoproletariato sempre più violento e disperato.

(Tratto dal sito www.delteatro.it)




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